lorenzo palazzo
5/5
La Chiesa di S.Antonio è annessa al Complesso Conventuale dell'Annunziata. Il Convento, con funzioni anche di Collegio Serafico Francescano, ha nel suo interno una Cappella, le aule, le camerate e un refettorio. Il chiassoso gruppo, proveniente dal loro fortilizio (casone in dialetto) posto sotto il Castello, scendeva attraversando la scalinata antistante il palazzo De Marinis-Calcagno, munito di fionde, archi, frecce ed armato anche di quel tradizionale attrezzo costruito a mano, fatto con due canne disuguali legate in modo incrociato. L'arnese, era usato per catturare le taccole e i piccioni intrappolati nelle buche delle muraglie di contenimento (nb. la canna più corta, guidata da corde tese, veniva introdotta nella tana dei volatili. La sua punta, munita di una forchetta curva e sdentata, serviva per infilzare e agganciare la preda). La citata banda agguerrita e festante, avanzava con due ragazzi in prima fila, che reggevano un falco tramortito, con la testa pendente e con le sue grandi ali tenute aperte. Il gruppo fu osservato da tutti.! e attraversò la piazza, con la fierezza di essere riuscito a catturare con le fionde e le frecce il malcapitato falco. In quel periodo, come già detto, fatto di equilibrismi e destrezze, i ragazzi facevano anche la tradizionale "Lotta con il vento". Loro si mettevano ai margini delle discariche di materiale di riporto (in dialetto detti 'scettature') e, approfittando delle colonne di correnti d'aria ascendenti, afferravano i due lembi dei giacconi e giubbotti e li rigiravano senza sfilarli. Con le braccia alzate, si spingevano, controvento, verso i bordi del precipizio e con i giacconi gonfi d'aria, si reggevano obliqui e quasi sospesi, planavano con lenti saltelli lungo i pendii delle discariche. Si ricorda ancora il luogo dove era ubicata la vecchia neviera (nevèra in dialetto). L'ultima neviera - di fine 800 inizi 900 - era posizionata sul lato destro della mulattiera che dalla piana di San Carlo saliva verso la chiesa della Madonna dell'Arco, era un sotterraneo di forma ovoidale. Le sue pareti, erano in parte rocciose e in parte rivestite con pietrame a secco; in superficie affiorava un piccolo fabbricato seminterrato, chiuso in modo ermetico - i suoi ruderi esterni, negli anni 50-60 erano ancora visibili. La neviera era usata per la raccolta della neve, che veniva pestata per poi spargervi sopra uno strato isolante di paglia, si aggiungevano altri strati di neve pestata e paglia fino a raggiungere la superficie. I lastroni di ghiaccio, in primavera-estate venivano tagliati in blocchi e distribuiti per la naturale refrigerazione. Altre zone di periferia vissuta, erano le vie parallele dei porcili, dei pollai e degli orti, localizzate tra il Castello e lo stradone in selciato dopo il Calvario. In queste vie c'erano delle piccole costruzioni, ancora oggi esistenti; chiamate 'iuséddra' in dialetto, (nb. leggere la 'd', non dentale ma palatale) in buona parte, edificate dopo la storica sommossa popolare - che causò il rogo di carteggi, libri e registri del municipio - avvenuta nel 1928 contro il regolamento d'igiene che vietava di allevare: maiali, galline e altri animali domestici nel centro urbano. Un'altra zona di periferia vissuta era un luogo chiamato in dialetto 'stennicchie' (posto dove stendersi - localizzato oggi, nei pressi dell'edificio case popolari e la statua di San Pio) era una piccola area con prato verde; luogo appartato... frequentato dalle coppie di innammorati. Nelle vicinanze c'era la strada in terra battuta che conduceva all'Ospizio. La sera, lungo la Via dell'Ospizio, volavano ad altezza d'uomo, 2, 3, 5... lucciole lampeggianti ogni 10 metri (catecatasce in dialetto) che, strofinate sulla fronte e sulle guance dei bambini, lasciava, come per magia... tanti segni fosforescenti. Lorenzo Palazzo©